Un nuovo score per le miocarditi associate agli inibitori dei checkpoint immunitari
di Laura Gatto
08 Luglio 2025

Gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI) rappresentano una grande opportunità terapeutica per i malati oncologici data la possibilità di essere impiegati nel trattamento di diversi tipi di tumore [1], è stato infatti stimato che circa il 50% dei pazienti oncologici nei paesi occidentali è idoneo a tale terapia [2]. Gli ICI agiscono attivando il sistema immunitario con effetti antitumorali, ma causano eventi avversi correlati all’immunità (i cosiddetti irAE) nel 70%-90% dei pazienti. Tali eventi avversi possono colpire qualsiasi organo, inclusi i tessuti cardiomuscolari, e variare da lievi a fatali [3]. La miocardite da ICI, che si verifica nello 0,3%-1% dei pazienti trattati è l’irAE più letale, con una mortalità stimata al 30%-50% negli studi iniziali. Tuttavia, la gravità di tale complicanza è piuttosto eterogenea, andando da casi asintomatici a casi che si con manifestano con aritmie potenzialmente letali, shock cardiogeno o grave miosite con concomitante insufficienza dei muscoli respiratori [4-5]. Il riconoscimento e la gestione di questa rara condizione rappresentano una sfida per chi si occupa di cardioncologia.

Ad oggi, gli studi prognostici sulla miocardite da ICI hanno utilizzato database di farmacovigilanza o coorti di meno di 150 pazienti con risultati talvolta divergenti. Sono stati individuati alcuni predittori di gravità come il trattamento con ICI in combinazione, biomarcatori elevati, ritardi di conduzione, disfunzione sistolica, immunosoppressione inadeguata, presenza concomitante di miastenia e miosite [6]. Sull’ultimo numero dell’European Heart Journal Power e coll. hanno pubblicato un lavoro condotto su una coorte molto più ampia con lo scopo di eseguire un’analisi completa dei predittori di esiti gravi nella miocardite da ICI con la generazione di uno score di rischio che è stato poi validato esternamente [7].

La coorte di partenza è stata un registro retrospettivo multicentrico con 757 casi di miocardite da ICI diagnosticati tra il 2014 e il 2023. Come endpoint primario sono stati considerati gli eventi cardiomiotossici maggiori (MACE-Resp) valutati a 30 giorni e definiti come:

  • insufficienza cardiaca grave con necessità di terapia medica endovenosa o supporto circolatorio meccanico;
  • (ii) aritmia grave definita come aritmia ventricolare sostenuta, blocco cardiaco completo, morte cardiaca improvvisa, uso di atropina o isoproterenolo e/o uso di pacemaker/defibrillatore;
  • (iii) insufficienza respiratoria dovuta ad insufficienza dei muscoli respiratori correlata alla miosite che richieda ventilazione;
  • morte per una di queste condizioni

Nel registro, l’età media è stata 69 anni, con il 33% di donne. Il tempo dalla prima somministrazione di ICI alla presentazione della miocardite è stato in media di 40 giorni, con il 21% dei pazienti trattati con una combinazione di ICI e il 79% con ICI in monoterapia. I tumori più comuni erano quelli della pelle (31%), del polmone (24%) e urogenitali (22%); il 2% presentava un timoma attivo. In metà della coorte, la miocardite è stata classificata come “definita”, nei restanti due quarti come “probabile” e “possibile”. Tra coloro che sono stati sottoposti a RM cardiaca (n = 459), l’esame ha confermato la diagnosi nel 64% dei soggetti; al contrario nel caso di biopsia o autopsia (n = 290), l’istopatologia ha confermato la diagnosi nel 67% dei soggetti. Nei pazienti senza RM o istologia la diagnosi di miocardite è stata supportata da altre indagini: l’84% presentava sintomi cardio-muscolari, il 95% troponina elevata, il 94% anomalie ECG, il 42% una LVEF depressa ed il 43% una miosite o una sindrome simil-miastenia grave. I corticosteroidi sono stati somministrati nell’83% dei pazienti, mentre il 36% ha ricevuto immunomodulatori non steroidei. Gli eventi cardiomio-tossici maggiori si sono verificati in un terzo dei pazienti ad 1 mese dalla presentazione così suddivisi: 118 (16%) con insufficienza cardiaca, 143 (19%) con aritmia, 61 (8%) con insufficienza dei muscoli respiratori e 92 (13%) con decesso dovuto a cardiomiotossicità.

L’analisi multivariata ha dimostrato come gli eventi cardiomiotossici maggiori risultavano associati in modo significativo alle seguenti variabili: timoma attivo (hazard ratio [HR] 3.6), recente inizio della terapia con ICI (HR 1.1), ECG di presentazione con basso voltaggio QRS di Sokolow-Lyon (HR 1.88), LVEF <50% (HR 1.78), sintomi cardiomuscolari (HR 2.6), incremento della troponina (HR 1.8, 2.9 e 4.6 per aumenti rispettivamente di 20, 200 e 2000 volte rispetto al limite superiore di riferimento).

È interessante notare come altre variabili (età, sesso, terapia combinata con ICI, dose di corticosteroidi e uso di immunomodulatori non steroidei) non abbiano mostrato alcuna associazione con la cardiomiotossicità grave.

Per la formulazione dello score di rischio è stato derivato un punteggio variabile da 0 a 8, assegnando a ciascun predittore un valore proporzionale al rispettivo coefficiente di regressione: +2 per timoma attivo; +1 per sintomi cardiomuscolari; +1 per basso voltaggio QRS di Sokolow-Lyon; +1 per LVEF (<50%); da +1 a +3 punti per il grado di elevazione della troponina.

L’applicazione dello score alla popolazione del registro ha presentato la seguente distribuzione: 9% con 0 punti, 29% con 1 punto, 36% con 2 punti, 18% con 3 punti, 7% con 4 o più punti. L’incidenza cumulativa a 30 giorni di eventi cardiomiotossici maggiori è risultata pari al 4% per i pazienti con un punteggio di rischio 0 ed aumentava proporzionalmente all’aumentare del punteggio di rischio: 17% di incidenza per 1 punto; 33% per 2 punti; 50% per 3 punti; 81% per 4 o più punti. E’stata inoltre registrata un’incidenza cumulativa dell’1,6% di morte correlata a cardiomiotossicità per un punteggio di rischio di 0, rispetto al 35% per un punteggio ≥ 4. Un punteggio di 0 ha infatti mostrato un valore predittivo negativo del 97% per cardiomiotossicità grave e del 98% per morte correlata a cardiomiotossicità. Lo score così formulato è stato poi validato esternamente in altre due coorti, una francese ed una americana, in cui sono stati confermati i dati della coorte principale del registro.

Gli autori hanno quindi concluso che in questo ampio registro multicentrico e contemporaneo la miocardite da ICI si è rivelata come una condizione patologica altamente morbosa, con complicanze gravi legate alla cardiomiotossicità nel 33% dei soggetti tratti. La numerosità del campione ha permesso di individuare alcune variabili strettamente correlate ad un outcome peggiore che sono state poi impiegate per la costruzione dello score di rischio. È interessante notare come, altre variabili generalmente utilizzate per la stratificazione del rischio in cardio-oncologia (età, comorbidità cardiovascolari, sesso e malattie autoimmuni) siano state testate ma non abbiano mostrato alcuna correlazione significativa.

I risultati di questo studio appaiono molto importanti se ne consideriamo il significato clinico. Infatti i parametri coinvolti nello score elaborato possono essere prontamente accertati in contesti ambulatoriali e di pronto soccorso, al contrario dell’imaging avanzato o dei risultati dell’istologia che sono informazioni che spesso possono essere ottenute soltanto dopo giorni di ricovero e talvolta solo in centri altamente specializzati. L’altro aspetto riguarda come l’applicazione dello score possa guidare il trattamento. Ad esempio alcuni farmaci biologici di ultima generazione, come il ruxolitinib e l’abatacept sono stati impiegati efficacemente per trattare le forme gravi di miocardite da ICI, mentre i casi asintomatici vengono solitamente gestiti semplicemente interrompendo gli ICI senza la somministrazione di steroidi o altri immunosoppressori. L’utilizzo di punteggi di rischio predittivi come questo potrebbe aiutare nell’identificazione precoce dei pazienti più a rischio di complicanze cardiomiotossiche che quindi potrebbero beneficiare di un trattamento più tempestivo ed aggressivo. Inoltre, considerando che oltre il 14% dei pazienti con un punteggio di rischio di 1 ha manifestato eventi cardiomiotossici maggiori nelle tre coorti studiate, il monitoraggio ospedaliero potrebbe essere preferibile in caso di punteggio pari o superiore a 1, mentre i pazienti con un punteggio uguale o superiore a 2, con una frequenza di eventi > 30%, potrebbero trarre il massimo beneficio da una immunosoppressione empirica. Ulteriori studi che prevedano l’applicazione di questo score in casistiche più ampie e complesse, potrebbero quindi fornire un supporto decisionale fondamentale per i clinici che si trovano a gestire questa entità patologica rara e complessa.

Bibliografia di riferimento:

  1. Geraud A, Gougis P, Vozy A, Anquetil C, Allenbach Y, Romano E, et al. Clinical pharmacology and interplay of immune checkpoint agents: a yin–yang balance. Annu Rev Pharmacol Toxicol 2021;61:85–112
  2. Haslam A, Prasad V. Estimation of the percentage of US patients with cancer who are eligible for and respond to checkpoint inhibitor immunotherapy drugs. JAMA Netw Open 2019;2:e192535
  3. Gougis P, Jochum F, Abbar B, Dumas E, Bihan K, Lebrun-Vignes B, et al. Clinical spectrum and evolution of immune-checkpoint inhibitors toxicities over a decade—a worldwide perspective. EClinicalMedicine 2024;70:102536
  4. Salem JE, Manouchehri A, Moey M, Lebrun-Vignes B, Bastarache L, Pariente A, et al. Cardiovascular toxicities associated with immune checkpoint inhibitors: an observational, retrospective, pharmacovigilance study. Lancet Oncol 2018;19:1579–89
  5. Palaskas NL, Segura A, Lelenwa L, Siddiqui BA, Subudhi SK, Lopez-Mattei J, et al. Immune checkpoint inhibitor myocarditis: elucidating the spectrum of disease through endomyocardial biopsy. Eur J Heart Fail 2021;23:1725–35
  6. Lehmann LH, Cautela J, Palaskas N, Baik AH, Meijers WC, Allenbach Y, et al. Clinical strategy for the diagnosis and treatment of immune checkpoint inhibitor-associated myocarditis: a narrative review. JAMA Cardiol 2021;6:1329–37
  7. Power JR, Dolladille C, Ozbay B, Procureur A, Ederhy S, Palaskas NL, et al. 
    Immune checkpoint inhibitor-associated myocarditis: a novel risk score.Immune checkpoint inhibitor-associated myocarditis: a novel risk score.
    Eur Heart J. 2025 Jun 18:ehaf315. doi: 10.1093/eurheartj/ehaf315.